Mag 21, 2020 Territorio
Il piccolo comune dell’entroterra pesarese di Fratte Rosa è tutt’ oggi riconosciuto come la capitale delle terrecotte dell’alta Marca e luogo storico di “cocciai“ e “pignattari”.
Sono oggetti per lo più di uso comune e c’è una caratteristica che li rende immediatamente riconosciuti come le più originali delle Marche: il color nero melanzana (oltre, naturalmente, al bellissimo marrone terra). In questo meraviglioso borgo la suddetta produzione, i ”cocci“ come vengono chiamati popolarmente questi oggetti, fa parte di una antica tradizione. Probabilmente il nome del paese potrebbe derivare dal latino fracta, cioè rotta, battuta, lavorata e significherebbe proprio la manipolazione della terra con gli attrezzi e con le mani.
Nei documenti malatestiani degli archivi fanesi troviamo testimonianza dal medioevo dell’antico borgo Castrum Fractarum ma, forse, questa tradizione potrebbe risalire addirittura all’epoca romana. Testimonianze della tradizione dei cocci di Fratte Rosa la troviamo in documenti datati 1477, 1548 – 54: questi documenti rinvenuti a Pergola e a Fano sono una testimonianza certa che già dalla metà del 1400 questa tradizione fosse già molto radicata. Il termine ufficiale in uso a Fratte Rosa per i cosiddetti pignattai è “vasaro”: vasaro di questo luogo è la formula che compare di più che compare nei registri delle nascite. Una cosa molto curiosa scoperta nelle schede anagrafiche è che questi vasari sono definiti "illetterati“ e che firmano dunque con una croce.
Nel 1833 troviamo nell’elenco delle industrie della Regia Camera di Commercio ed Arti di Pesaro le "fabbriche vasi di creta“, il nome dei laboratori dei vasai ben 8 ditte ufficialmente registrate che sono anche le uniche attività produttive registrate ufficialmente: troviamo registrati 10 operai per un valore delle attività che vanno da un minimo di 40 lire ad un massimo di 150 lire.
Una simpatica descrizione di Fratte Rosa datata 1898 cita: “si fabbricano in questo paese vasellami di creta, assai resistente all’azione del fuoco e che costituisce un importante cespite di commercio per gli abitanti“. Nel 1911, come risulta dai suddetti registri, troviamo ancora attive 8 fabbriche che producono tra i 25000 e i 30000 pezzi annui cadauna. Nel 1934 troviamo uno scritto del Locchi che assomiglia molto alla descrizione del 1898: “fiorente industria paesana è la fabbricazione delle stoviglie che sono assai ricercate per la resistenza straordinaria all’azione del fuoco“ ………………..